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Philosophical Meditations from Gandhi

The father of modern India made a deep examination of the Bhagavad Gita, the sacred text of 3rd Century B.C., from which he had taken the crucial arguments for assuming that human beings are equal in front of God, for sharing the Atman, or universal soul. This is also the transcendental condition, in a Kantian sense, for grounding the global peaceful coexistence of humankind and exclude conflict from societies. Professor Segalerba offers the readers of Rekh Magazine a clear and deep analysis of Gandhi's thought from a philosophical perspective.

Gandhi, particolare del ritratto sulle banconote indiane (Unsplash pic)


di Gianluigi Segalerba


In questa esposizione mi occuperò di alcuni aspetti riguardanti la meditazione di Gandhi sulla Bhagavad Gita. Le osservazioni di Gandhi sulla Bhagavad Gita trattano temi come, ad esempio, la Divinità, il problema del bene e del male, la struttura della realtà, la natura dell’individuo, il conflitto presente nella vita dell’individuo tra virtù e vizio, la posizione dell’individuo nella realtà, i possibili sviluppi dell’individuo, i doveri dell’individuo rispetto alla propria condotta morale. La meditazione di Gandhi sulla Gita si rivela pertanto essere un’indagine sui fondamenti della realtà, della moralità, dell’individuo e della società. I principi presenti nelle riflessioni di Gandhi sono, per menzionarne alcuni, i seguenti:

  • Dio è presente nella dimensione della storia. L’intervento di Dio nella realtà mostra che Dio non è estraneo agli individui. Dio non è l’assolutamente altro rispetto agli individui. Dio non esiste in una dimensione completamente diversa da quella degli individui. Dio non è assolutamente trascendente.

  • Gli individui, corrispondentemente, non sono solo immanenti, poiché sono tutti manifestazioni dell’Atman, dell’anima universale del mondo.

  • Ogni individuo è un avatar di Dio, ed ogni individuo è una manifestazione, una concretizzazione dell’Atman. Ogni individuo è una manifestazione della Divinità.

  • L’Atman è identico in tutti gli individui.

  • Il fatto che l’Atman sia ugualmente presente in tutti gli individui significa che tutti gli individui hanno pari dignità. Poiché tutti gli individui sono avatar di Dio, e poiché l’Atman è ugualmente potente in tutti gli individui, tutti gli individui sono uguali. Pertanto, nessuna considerazione degli individui come entità disuguali è legittima.

  • Tutti gli individui sono una ed una sola entità; sono tutti ugualmente manifestazioni di Atman.

  • Gli individui possono cambiare attraverso la conoscenza della rivelazione; la loro natura non è determinata, almeno non sotto tutti gli aspetti.

  • Dalla conoscenza del suo essere una manifestazione di Atman, l’individuo comprende di dovere abbandonare il proprio attaccamento all’ego, poiché questo attaccamento porta alla reciproca separazione tra gli individui. Il riconoscimento della natura comune dell’Atman costituisce la liberazione dall’attaccamento all’ego.

  • Poiché tutti gli individui sono un’unità in Atman, gli individui dovrebbero agire in conformità alla natura comune di Atman; l’armonia reciproca, e non il conflitto reciproco, dovrebbe essere il principio del loro comportamento e della loro disposizione mentale.

  • Il fatto di apprendere di costituire una manifestazione di Atman porta l’individuo ad agire con la consapevolezza di essere eterno. L’individuo acquisisce la capacità di liberarsi dai vincoli rappresentati dalle particolari condizioni storiche in cui l’individuo vive. L’individuo acquisisce pertanto un punto di vista sull’intera realtà completamente diverso dal punto di vista che l’individuo aveva originariamente; l’individuo diventa capace di trascendere le limitazioni della propria condizione di vita. L’individuo comprende di essere spiritualmente diverso dalle particolari condizioni in cui vive. La mente dell’individuo viene trasformata grazie alla rivelazione della Gita.

  • Il riconoscimento dell’identica presenza di Atman in ogni individuo rappresenta, per gli individui, il passaggio dallo stato di ignoranza – in cui gli individui pensano di essere entità mutualmente separate – allo stato di illuminazione – in cui gli individui prendono coscienza di essere tutti un’unica entità –.



© Rekh Magazine


Filosofo e specialista di Aristotele

Gianluigi Segalerba è nato a Genova il 24 giugno 1967. Si è laureato in Filosofia presso l'Università di Pisa nel 1991 e ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Filosofia presso l'Università di Pisa nel 1998. È stato visiting scholar presso le Università di Tubinga, di Berna, di Vienna. Ha insegnato all'Istituto di Filosofia dell'Università di Vienna. La sua prima pubblicazione è stata “Note su Ousia” (Pisa 2001). È stato poi coeditore del volume “Substantia Sic et Non” (Francoforte sul Meno 2008), ed è autore del libro “Semantik und Ontologie: Drei Studien zu Aristoteles” (Berna 2013). Attualmente vive e lavora a Vienna.



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