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Being Ignorant in Ancient Egypt

Many centuries before Socrates, in the land of the Pharaohs, ignorance was considered a limitation for the person, both in a subjective and cognitive perspective and in a moral sense. The second lesson of ancient Egyptian thought is about this theme

Il toro possente, amato da Maat, amato da Ra, Usermaatra Setepenra Ramses II (Wix pic)


di Primavera Fisogni


Il concetto di ignorare (ḫm)



Negli insegnamenti morali a cui l’egiziano antico guarda

per modellare la propria condotta, c’e la preminenza

dell’ascoltare sul parlare, espressione di quella compostezza

tanto apprezzata nelle relazioni sociali. L’ignoranza, un termine

reso da ḫm, non ha pero nulla di positivo e rappresenta l’opposto

di rḫ 1. Della parola conoscere, in ḫm, rimane il segno aspirato

ḫ, al quale si aggiunge, quasi un contrassegno, la m del negativo

simbolizzata dalla civetta e il determinativo della negazione

nelle proposizioni, il “no” raffigurato dalle braccia aperte con le

mani rivolte verso il basso. Un esempio vivo dell’uso linguistico

del termine arriva ancora una volta dall’appassionante racconto

di Sinuhe. Siamo nel momento in cui il Figlio dei sicomoro e

stato raggiunto dall’emissario del faraone, che lo invita a fare

ritorno in Egitto; l’uomo si fa piccolo, dando la propria risposta:

m ḫtp nfr wrt – ≪(tu sia) in una grande pace / Un grande

benvenuto a lei≫, aggiungendo:



rḫt wˁrt tn irt.n bȝk im m ḫm.f 2


L’espressione che si apre con rḫt, sostantivo originato da

rḫ, e si chiude con ignoranza, ḫm, e traducibile cosi: ≪(in)

ragione di questa fuga fatta dall’umile servo nella sua

ignoranza≫ 3. Il non sapere indica qui un generico non averci

pensato: Sinuhe fugge in preda al panico dal seguito reale, dopo

morte del sovrano Amenemhat I. Non poteva immaginarsi dove

le sue peregrinazioni lo avrebbero portato, quanto lontano dalla

sua terra. Nel contempo, il verbo suggerisce l’antitesi semantica

della calma – propria del conoscere – che si traduce

nell’agitazione, tipica dell’incertezza di chi “non sa”. Ignorare e

pero anche il non avere esperienza di qualcosa, un’idea poteva

essere espressa attraverso la negazione di rḫ che, abbiamo detto,

ha anzitutto il significato di esperire. Ad esempio, nel

Contadino eloquente, si legge una massima di buon senso che

recita cosi: ≪non fare previsioni per il domani per il domani

prima che arrivi, perche non puoi sapere cosa succedera≫. Il

passaggio che ci interessa e quello relativo al non sapere, la cui

costruzione e la seguente:




n rḫ.n.tw iyt im.f 4



Nella stele funebre dell’ufficiale Mentuhotep 5 l’ignoranza

viene chiaramente indicata come l’opposto della

conoscenza.


rḫ-ḫm ḥr mrt w(i) bw-nb dwȝ ntr ḥr nḥt n wȝḥ(i) tp tȝ n-

ˁȝt-n ḥss w(i) ḥm.f r k(i)w(i) ḫprw n nwt tn


Le prime due parole sono quelle che più ci interessano:

rḫ ḫm sono giustapposte in una proposizione intesa a enfatizzare

il profilo morale di un uomo che dice di sé, letteralmente: «in

quanto a sua maestà, mi favoriva più di ogni altro che era sulla

terra; chi aveva la conoscenza e chi era ignorante mi amavano,

chiunque pregava per me e ringraziava per me il dio, (pregando)

per la mia esistenza in questa città». 7 Attenzione a non

confondere le due parole “hm” di questa frase, in cui un

semplice segno diacritico fa la differenza, indicando – all’inizio

– la conoscenza e, verso la fine, la persona del re. Se, come

abbiamo visto, rḫ apriva tutte le porte sociali, il non conoscere le

chiudeva per sempre, anche nell’aldilà. E infatti: ir ḫm nb r pn,

n ˁḳ.n.f, se (uno) ignora questa (pn) formula (r), egli non entrerà

(n ˁḳ.n.f)43. Più che l’assenza di conoscenza teorica, colui che

ignora, nell’Egitto antico, patisce un limite di tipo morale44.

Perché non c’è nulla di più disprezzabile della presunzione di

conoscere. Lo leggiamo nell’Insegnamento di Ptahhotep:




mȝȝ.f rḫ m ḫm

«egli vede la conoscenza nell’ignoranza» 8


Nell’Insegnamento di Amenemhat I, il faraone di cui

Sinuhe apprende la morte per caso e nottetempo, e proprio la

non conoscenza di quanto sta accadendo che mette in scacco il

sovrano nella notte dell’agguato dei suoi cortigiani. Un monito,

dunque, come nella migliore tradizione sapienziale, a vigilare in

modo consapevole sulla propria vita 6. Una questione che sta a

cuore al visir Ptahhotep, il quale, nel suo Insegnamento,

riconoscendo che ≪nessuno nasce con la conoscenza≫, si

propone di ≪insegnare all’ignorante ad essere saggio≫,

orientando da subito il sapere al contesto etico della condotta.

Ma proprio il riconoscimento dell’essenziale limite

cognitivo/morale dell’individuo lo induce a rivolgersi al suo

allievo invitandolo a consultare sempre anche l’ignorante, oltre

al sapiente 9.

1. «(it) denotes the non-acquisition of knowledge. The perfective ḫm.k “you

are not aware” thus means “you did not learn”». Ibidem, pag. 284, nota 34.

2. Sinuhe, riga 207.

3. Parkinson traduce: «Concerning this flight which your humble servant

made in his ignorance»; R. B. Parkinson. The Tale of Sinuhe and Other

Egyptian Poems 1940-1640 BC, Oxford, Oxford University Press, 1998, pag.

37.

4. Eloquent Peasant, da mnj.host.cs.st-andrews.ac.uk , riga 215. «Do not

plan tomorrow before it comes; the evil in it cannot be known!», R. B.

Parkinson, op. cit., pag. 67.

5. The Stela of the Officer Mentuhotep, da egypt-grammar.rutgers.edu, righe

5-6. D’ora in poi Mentuhotep.

6. Letteralmente: «chi sa e chi ignora sopra l’amarmi / mi amava; ogni

contesto in cui si pregava la divinità per me sopra la terra al favorire me sua

maestà rispetto agli altri per la mia esistenza in questa città».

7. A. Gardiner, Egyptian Grammar, op. cit., pag 149.

8. Chi conosce vive in accordo con maat.

9. Instruction of Ptahhotep, da mnj.host.cs.st-andrews.ac.uk, riga 576. D’ora

in poi Ptahhotep. «He will see wisdom as ignorance», in R.B. Parkinson, op.

cit., pag. 263.

46. Rimando a R. B. Parkinson e a E. Laffont, I libri di sapienza dei faraoni,

Milano, Mondadori, 1985. L’autrice offre una traduzione differente del

complotto (pag.95).

47. Da R. B. Parkinson, op. cit., righe 41, 47 e 48, alle pagine 250-251.

Traduzione mia.



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