Three teen girls from the UK spend their summer in a Greek island, among barbecues and parties on the beach. In "How To Have Sex" director Molly Manning Walker focuses on the pressure on young people to have sex. A bitter picture of the rite-of-passage without any understanding of the experience, emotional concern and consent. Anna Savini reported from the Festival de Cannes.
di Anna Savini
Scrittrice e giornalista, critico cinematografico di Rekh Magazine a Cannes
Quando vuoi fare una cosa a tutti i costi, perché vedi che la fanno tutti e devi farla anche tu, è già scritto che ci resterai malissimo. Soprattutto se la cosa in questione non è una cosa qualsiasi, ma è la prima volta.
La morale di "How to have a sex", film inglese presentato in anteprima al Festival di Cannes, è questa. Ci sono tre ragazze, sguaiate, sboccate, maleducate, disinibite e attaccate agli shootini di vodka, che vanno in vacanza in un villaggio tutto disco, alcool e notti in bianco, apposta per far perdere la verginità a una di loro. Scherzano, ridono, bevono, fanno le stupide, si sdraiano per strada.
Lei è decisa, sicura, gioca a fare la sexy, la superiore. Fanno amicizia dal balcone con dei ragazzi al loro stesso livello. Le gira intorno un po' il biondo ossigenato, ma non è uno di quelli troppo decisi. Il giorno dopo quello castano la porta sulla spiaggia. Non è che sia grande intesa tra i due, anzi proprio per niente. Lui la butta in acqua, l’acqua è gelata. Escono, lei ha freddo, lui la scalda, ma non è che lei abbia tutta questa voglia di farsi scaldare. Lui la fa sdraiare. Lei si sdraia.
Lui chiede, lei dice no, ma intanto si fa avanti. Armeggia, si rialza, richiede, mentre sta già quasi facendo.
“Sì?”, domanda. “Sì”, risponde lei, poco convinta, ma dice sì. Lui sta sopra di lei, fa, lei subisce. Lui finisce. E quella velocità, quella brutalità, quella mancanza totale di un’attrazione tra i due che avrebbe legittimato l’atto, rende la sua prima volta una sofferenza enorme. Lei non è più la stessa. Ci resta male. E’ svilita, confusa, umiliata. Diventa cupa, ha la sensazione di essere stata abusata, se si potesse tornerebbe indietro, ma non si può.
Vaga da sola per il paese tutta notte, si ritrova a una festa, conosce delle ragazze, dorme a casa loro. Quando torna dalle sue amiche la mattina dopo dice che sì, non è più vergine, è andata a letto con qualcuno, come sospettavano loro non avendola vista tornare. Ma loro non sanno cosa è successo davvero, non sanno che non c’è niente di eccitante o di romantico da raccontare. Anche se si capisce dalla sua faccia che è stata una tragedia, lei fa finta di niente e non lo dice chiaramente.
L'altro ragazzo, il biondo ossigenato, ignaro di quel che ha fatto il suo amico, le sta vicino, ride con lei e quando lei si addormenta, la porta a letto in braccio, la copre con una coperta e se ne va. La rispetta e la lascia dormire. Torna il gruppo e le amiche le buttano nel letto il ragazzo castano, pensando che gradisca un bis, cosi dicono, ubriache come sono.
Lui che fin a quel momento l’ha ignorata facendo finta di niente, chiede di rientrare nello stesso brutale modo con cui è entrato la prima volta. Lei lo spinge via, ma non se ne va. Si mette su un fianco, sul bordo del letto e si riaddormenta. Dorme fino a quando lui la prende, la gira, le apre le gambe, entra di nuovo in lei come se fosse una bambola. Mentre lui si sta muovendo, lei inorridisce ma non si ribella.
A quel punto arrivano tutti gli altri, lui si stacca subito, lei si salva. Ma non urla, non dice niente, come se quello che è appena successo fosse normale, essere presa in quel modo nel sonno da un ragazzo praticamente sconosciuto. E la notte finisce cosi insieme alla vacanza delle tre.
Solo quando stanno per prendere l'aereo una delle due amiche capisce, vedendola piangere, che non c'è stato niente di nobile, niente di bello in quella prima volta. E lei lo conferma.
"Dovevi parlarne prima però", le dice.
"Dovevo parlarne prima", ammette lei in lacrime. “Ok, ora lo sappiamo, ce la faremo a superarlo”, dice l’amica strappandole un sorriso. E questa è la vera morale del film, diretto da Molly Manning Walker, che non devi fare una cosa, soprattutto una cosa non qualsiasi come la prima volta perché l'hanno fatta tutti. E devi parlare subito, se non ti piace, e dire no perché non era quello che volevi, anche se pensavi che lo fosse. E che hai tutti i diritti di tirarti indietro, anche se eri in giro mezza nuda, anche se avevi bevuto, anche se volevi a tutti i costi perdere la verginità perché di sicuro non volevi perderla a quel modo. E dovevi, potevi, avevi tutti i diritti di dire no.
© Rekh Magazine
Narratrice, intellettuale. Di professione reporter
Anna Savini, giornalista, ha un occhio particolare per le storie, la cronaca e l'attualità. Titolare di una rubrica di Bon ton insieme a Vera Fisogni, lavora al quotidiano La Provincia. Ha pubblicato per Mondadori, "Buone ragioni per restare in vita", opera celebrata per aver raccontato in maniera ironica le cure per una malattia che resta solo sullo sfondo, mentre l'amore e la moda sono i veri protagonisti. Ha lavorato al Giornale, vanta collaborazioni con Il Corriere della sera, Grazia, Vanity Fair, Rai 2, Radio 24, Italia Uno, Gioia, Di Più, Tess, Mag. Grande appassionata di cinema, moda e rapper che permeano il suo secondo libro "Sclera Ebbasta" ha pronta una saga che pubblicherà quando sarà il momento. Nel frattempo racconta quel che pensa della vita sul suo profilo Instragram annasaviniebbasta.
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