A powerful thought of the contemporary age comes from the Nobel laureate in Economic Sciences in 1998, whose costant effort to unmask prejudices and errors. Professor Gianluigi Segalerba, a leading European philosopher from Wien, introduces the readers to the roots that ground Sen's transcendental condition for ethics.
Ragazzi in cerca di acqua in Africa sub sahariana (Unsplash pic)
“Centinaia di migliaia, anzi, milioni, possono morire per la calamitosa inerzia risultante da un fatalismo irragionevole mascherato da compostezza basata sul realismo e sul buon senso.” (Amartya Sen, The Idea of Justice, p. 47)
Il mio obiettivo principale in questa breve esposizione è descrivere la meditazione di Amartya Sen come un insegnamento contro il fatalismo, l’indifferenza, la rassegnazione e l’inazione: la critica di Sen a questi atteggiamenti mira a scoprire le radici profonde di questi stessi atteggiamenti, dato che questi atteggiamenti vengono adottati per nascondere precise responsabilità connesse ad eventi catastrofici. Sen si batte sia in economia sia in etica contro ogni forma di mascheramento degli errori umani: contro coloro che addebitano all’ineluttabilità degli eventi naturali la causa di determinate catastrofi, Sen mostra come determinate catastrofi siano dovute a precise responsabilità soggettive.
I governi cercano sovente di addossare alla natura la causa delle catastrofi, mentre le cause delle catastrofi sociali sono da collegare all’inefficienza dei governi. Le carestie si verificano non vi è la volontà di combattere contro i fattori che portano alle carestie. Le persone, e non la natura, sono responsabili del verificarsi delle carestie.
Il destino inevitabile si rivela, in realtà, non così inevitabile come qualcuno vorrebbe presentarlo: ad esempio, le analisi di Sen volte ad illustrare come le carestie non siano un fenomeno naturale, bensì sociale mirano a smascherare tutti i tentativi di presentare le carestie come un fenomeno inevitabile, nei confronti del quale le uniche soluzioni siano rassegnazione ed accettazione. Le carestie hanno responsabilità precise: coloro che presentano le carestie come fenomeni naturali vogliono, a ben vedere, nascondere gli errori che hanno portato all’insorgere delle carestie medesime.
Sen si batte sia in economia sia in etica contro ogni forma di mascheramento degli errori umani: contro coloro che addebitano all’ineluttabilità degli eventi naturali la causa di determinate catastrofi, Sen mostra come determinate catastrofi siano dovute a precise responsabilità soggettive.
Il pensiero di Sen ci invita a smascherare i messaggi falsi dei governi (Freepik)
I governi cercano sovente di addossare alla natura la causa delle catastrofi, mentre le cause delle catastrofi sociali sono da collegare all’inefficienza dei governi. Le carestie si verificano non vi è la volontà di combattere contro i fattori che portano alle carestie. Le persone, e non la natura, sono responsabili del verificarsi delle carestie. Le carestie non sono il risultato di una generale mancanza di derrate alimentari. Le carestie sono il risultato della mancanza di disponibilità economiche da parte di alcuni gruppi di persone: a causa della mancanza di disponibilità economiche, determinati gruppi non sono in grado di acquistare derrate alimentari. I rimedi per evitare le carestie sono pertanto piuttosto semplici: possono essere rappresentati, ad esempio, da tutte le misure generatrici di reddito; attraverso queste misure, si può ottenere una migliore distribuzione delle derrate alimentari.
La definizione di Sen di carestia come condizione in cui le persone non hanno mezzi sufficienti per acquistare derrate alimentari – e quindi non come condizione in cui vi sia penuria di derrate alimentari – cambia completamente la prospettiva interpretativa: se la causa delle carestie risiede nella mancanza di mezzi economici, le carestie devono essere considerate come un fenomeno sociale che può essere risolto da una redistribuzione del reddito.
Per evitare le carestie ci deve essere la volontà di evitare le carestie. Tutto dipende dalla volontà o dall’assenza della volontà di fare qualcosa. Lo Stato ha il dovere di intervenire. Lo Stato non può semplicemente osservare gli eventi, aspettare e vedere: ci sono situazioni in cui uno Stato ha il preciso dovere di intervenire.
© Rekh Magazine
Filosofo e specialista di Aristotele
Gianluigi Segalerba è nato a Genova il 24 giugno 1967. Si è laureato in Filosofia presso l'Università di Pisa nel 1991 e ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Filosofia presso l'Università di Pisa nel 1998. È stato visiting scholar presso le Università di Tubinga, di Berna, di Vienna. Ha insegnato all'Istituto di Filosofia dell'Università di Vienna. La sua prima pubblicazione è stata “Note su Ousia” (Pisa 2001). È stato poi coeditore del volume “Substantia Sic et Non” (Francoforte sul Meno 2008), ed è autore del libro “Semantik und Ontologie: Drei Studien zu Aristoteles” (Berna
2013). Attualmente vive e lavora a Vienna.
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