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Being a Novelist and a Reporter

Talking about singularity means, for philosophy, to explore a sensitive environment that cannot be grasped fully: the notion of identity. Rekh Magazine makes a turn: from the concept it moves to the lived experience. Ms Anna Savini, a leading Italian novelist, and a brilliant journalist explores this topic by examining her life.



di Anna Savini


Giano Bifronte era un'antica divinità romana. Era raffigurato con due visi di profilo attaccati per la testa perché guardava il passato da una parte il futuro dall'altra. Giano Bifronte è la prima cosa che mi è venuta in mente quando Vera Fisogni, editor di Rekh Magazine, mi ha chiesto di raccontare la singolarità di essere una giornalista e una scrittrice insieme. Cambia tutto, come scrivi, di chi scrivi, cosa dici, cosa non dici, come lo dici, perché lo dici, chi ti legge, perché ti legge, come ti legge, come ti giudica.


Writing as a meditation (Wix pic).

Se scrivi da giornalista devi dimenticarti di te stessa, sei solo il tramite tra la storia che devi raccontare e i lettori. Prima di scrivere devi capire, devi ascoltare, devi indagare, devi cercare, devi ragionare, devi verificare che quello che hai raccolto sia vero, devi confrontarlo con un'altra fonte. Il vero lavoro del giornalista arriva prima di mettersi a scrivere, poi può scriverlo bene o può scriverlo male, in maniera chiara o in maniera contorta, ma se non ha fatto bene la prima parte, poco conta come lo scrive, perché sarà sempre sbagliato. Lo scrittore ha più libertà anche se c'è un abisso tra uno scrittore che non è un giornalista e un giornalista scrittore. O almeno cosi si dice anche se non è che i libri dei giornalisti si assomiglino mentre lo schema che ti insegnano all'inizio, notizia in cima, frasi brevi, concetti semplici, un bel finale, è riproducibile per più pezzi di cronaca.

Se scrivi da giornalista devi dimenticarti di te stessa, sei solo il tramite tra la storia che devi raccontare e i lettori. Prima di scrivere devi capire, devi ascoltare, devi indagare, devi cercare, devi ragionare, devi verificare che quello che hai raccolto sia vero, devi confrontarlo con un'altra fonte.

Non è neanche cosi singolare che un giornalista scriva un libro ma è il tipo di libro che rende diversa questa esperienza dalle altre. E' molto frequente, infatti, che i giornalisti scrivano libri su casi che hanno seguiti e che conoscono molto bene. In questo caso i due tipi di scrittura possono anche assomigliarsi. Altri scrivono guide o manuali, moltissimi scrivono gialli o romanzi, e qualcuno, soprattutto se e quando gli succede qualcosa di brutto, si butta nelle biografie. Io sono una di questi qualcuno. Io sono sempre stata una di questi qualcuno perché non ho mai pensato a un libro diverso da una biografia anche quando non ero ancora una giornalista. Questo perché io scrivo quando sto male, come se fossi un personaggio al di fuori di me, come se fossi veramente Giano bifronte. E siccome sono sempre stata abituata a stare sempre tanto male per tutto, ho sempre avuto l'istinto di scrivere una biografia su un pezzetto della mia vita. Solo che poi quel pezzetto della mi avita che aveva fatto soffrire passava, e la mia biografia si arenava. Di solito usciva qualcosa di simile al mio manoscritto che mi faceva sentire in colpa per non averlo finito. Quando mi hanno detto che avevo un tumore al seno, però, non avevo più tempo da perdere e ho pensato che se fossi morta non avrei lasciato neanche un libro, da qui la fretta che i ha fatto iniziare e finire "Buone ragioni per restare in vita" (Mondadori) un libro celebrato perché racconta in maniera ironica un tema tragico come la malattia. In realtà la malattia nel libro non c'è. Nel libro c'è l'amore che può farti star bene più di qualunque altra cosa al mondo, quando va tutto liscio. Ma può farti star male più di ogni altra cosa al mondo quando lo perdi.


La copertina del romanzo di esordio di Anna Savini.

Quando mi hanno detto che avevo un tumore al seno, però, non avevo più tempo da perdere e ho pensato che se fossi morta non avrei lasciato neanche un libro, da qui la fretta che i ha fatto iniziare e finire "Buone ragioni per restare in vita" (Mondadori).

La mia singolarità è che io scrivo quando sto male, quando ho paura di qualcosa, quando non mi sento sicura. Il dolore mi arma la mano, che non fa altro che scrivere qualcosa che il cervello gli detta. Per scrivere da giornalista devi avere qualcosa da scrivere, devi andare a cercare le notizie, che non sono solo i morti, i furti, gli incidenti, gli infortuni, o gli spettacoli, o l'economia o lo sport o la politica o gli eventi. Ma sono tutte le storie che ognuno di noi ha da raccontare, che sia perdere un aereo e restare bloccato due giorni in aeroporto, che sia inventare una App che ti rende milionario, lavorare in un film americano a 8 anni, vincere una borsa di studio, trovare lavoro in America, andare a vivere in Dubai, essere una promessa della Formula uno. A volte la notizia è un vaso che cade dal quarto piano e non ti colpisce come mi ha insegnato una volta un mio caporedattore. Se non hai la notizia non scrivi. Nessuno scrive per crogiolarsi nella sua bella penna. Deve avere qualcosa da dire. Lo scrittore deve avere qualcosa da raccontare, certo. Ma nei libri c'è una libertà infinita per cui verrebbe già una enciclopedia cercare di classificare i generi. Io sono ironica anche nelle situazioni più tragiche perchè è il passo che mi viene in questo distacco di Giano bifronte. E' come se cercassi di mettermi in salvo mettendo la parte di me che sta male in un libro che poi è destinato a finire nelle mani di qualcuno che possa immedesimarsi in quella situazione o in una situazione simile e trovarne conforto. Un po' come succede quando si ascoltano le canzoni, non sono quelle d'amore che sembrano scritte apposta per captare il tuo stato d'animo, ma anche quelle dei rapper che io ho disseminato nel mio secondo libro che racconta le disavventure da scrittrice del primo e si inititola "Sclera Ebbasta" da uno dei mie rapper preferiti che ovviamente è Sfera Ebbasta.


La cover della seconda prova di narrativa di Anna Savini


La singolarità di Sfera è che, pur essendo un rapper e quindi incasellabile nella categoria di chi si autocelebra, glorifica il denaro, normalizza le canne e un utilizzo ricreativo delle donne, da come vive, da come scrive e da come lo canta può essere preso come modello. Per i valori che ha nella famiglia, per l'etica del lavoro, perchè non è arrivato andando in giro a divertirsi, è arrivato stando in studio a registrare, per il rispetto che ha per le donne. E la singolarità è che a dirlo sia stata una scrittrice e giornalista di quasi cinquant'anni che andava in giro professando ammirazione per lui e per Marracash, un rapper che ha testi talmente profondi da essere considerato a tutti gli effetti un grande scrittore, come ha certificato il Premio Tenco. Queste cose le ho dette anche da giornalista in un articolo per il mio giornale, La Provincia, ma il taglio era diverso. Non è che bifronte vuol dire smembrarsi e avere una doppia faccia. Essere bifronte vuol dire ragionare con la precisione da anatomo patologo mentre scrivi un articolo e finire per essere ironica a nel momento in cui scrivi un libro. Perchè non è un'ironia forzata, è la normale reazione di un lettore che si trova davanti a scene tanto tragiche da risultare comiche.

Anna Savini ritratta da Guido Taroni

Quindi in definitiva credo che la molla che spinge un giornalista sia la curiosità, l'entusiasmo di essere in prima fila e il desiderio di raccontare quello che ha visto a tutti gli altri. Se non ti interessa niente e nessuno non potrai mai fare il giornalista. Uno scrittore invece può vivere guardando solo se stesso o il mondo che ha creato per costruirci sopra i suoi libri. Uno scrittore può non uscire mai di casa. Un giornalista deve uscire di casa. Uno scrittore non è obbligato a parlare con nessuno. Un giornalista deve parlare con il più alto numero di persone perché sono loro, le persone, che lo aiutano a farsi il quadro che dovrà raccontare. E anche quando lo scrittore deve sentire un sacco di fonti perché la storia da raccontare lo richiede, ci sarà sempre quella differenza tra le due fronti. Una guarda indietro al passato. Una guarda avanti al futuro. E la singolarità è che tutte e due si fanno sempre le stesse domande e si pongono sempre gli stessi dubbi. Ma se uno scrittore puoi passare anni a pensarci sopra prima di decidere che non sai ancora qual è la risposta giusta. Se sei un giornalista a un certo punto devi smettere di pensare e mandare in stampa. Che esattamente quello che devo fare ora con questo pezzo singolare in cui ho cercato di spiegare cosa voglia dire convivere con questa natura bifronte di Giano.

© Rekh Magazine



Anna Savini

Anna Savini, giornalista, ha un occhio particolare per le storie, la cronaca e l'attualità. Titolare di una rubrica di Bon ton insieme a Vera Fisogni, lavora al quotidiano La Provincia. Ha pubblicato per Mondadori, "Buone ragioni per restare in vita", opera celebrata per aver raccontato in maniera ironica le cure per una malattia che resta solo sullo sfondo, mentre l'amore e la moda sono i veri protagonisti. Ha lavorato al Giornale, vanta collaborazioni con Il Corriere della sera, Grazia, Vanity Fair, Rai 2, Radio 24, Italia Uno, Gioia, Di Più, Tess, Mag. Grande appassionata di cinema, moda e rapper che permeano il suo secondo libro "Sclera Ebbasta" ha pronta una saga che pubblicherà quando sarà il momento. Nel frattempo racconta quel che pensa della vita sul suo profilo Instragram annasaviniebbasta.



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