Praise of the Provisional: A Novel
- Primavera Fisogni
- Dec 8
- 5 min read
A story with sometimes claustrophobic rhythms that, confined within the limits of a philosophical inquiry, brings existence forth as an absolute impulse. In Facundo (o del provvisorio) (Facundo, or On the Provisional), Dr. Gianfranco Brevetto—director of Exagere, a prestigious Italian thought magazine and organ of the SIPP (Italian Society of Psychology and Pedagogy)—tells a story that deserves to be read

Di Primavera Fisogni
La vita, e nient'altro. Una storia dai ritmi a tratti claustrofobici che, chiusa nei limiti di un'indagine filosofica, fa emergere l'esistenza come pulsione assoluta. In "Facundo (o del provvisorio)" (Oligo Editore), la sua prima opera di narrativa, Gianfranco Brevetto - direttore di Exagere, prestigiosa rivista italiana di pensiero, espressione della SIPP (Società Italiana di Psicologia e Pedagogia), ci consegna una storia che merita di essere letta. Non soltanto per la vicenda surreale che racconta (in fondo, la vita stessa riserva sorprese continue, "oltre" il reale stesso), ma per la caratura filosofica di una scrittura di qualità letteraria, a tratti avvolgente.
Facundo è il protagonista del suo romanzo più recente. Un’opera di narrativa che si può leggere come un testo filosofico. Chi è, in realtà, Facundo?
Facundo è un filologo. Almeno crede di essere tale, cerca di ricostruire e dare un senso alla sua vita partendo dai segni che lo circondano, in primo luogo la scrittura. In quanto filologo è alla ricerca dell’autenticità attraverso un minuzioso lavoro di recupero delle fonti. Si tratta di una metodologia sicuramente efficace per i testi, ma che può rivelarsi fallimentare e schizofrenica quando è applicata all’essere umano. Il vero problema è che Facundo pretende di essere il filologo di se stesso. La ricerca di un Facundo originario, primordiale, puro, lo fa inerpicare per sentieri non sempre praticabili.
Il saggio sul provvisorio, che da lungo tempo impegna Facundo, trova alimento in un dizionario di etimologia: un curioso percorso concettuale. L’etimologia, per sua natura, cerca un baricentro sicuro per i concetti. Il provvisorio, invece, è un’idea che rifugge i radicamenti…
Dei personaggi che popolano questo racconto, Facundo è l’unico che ha coscienza del provvisorio. È l’unico che sa che, un giorno, morirà. Sa, inoltre, di non possedere quell’aureola di eternità e di invincibilità di cui sembrano muniti i suoi contemporanei. Forte di questa consapevolezza, si muove liberamente, senza radicamenti, la sua esistenza è un tuffo nel mondo senza paracadute. Dovrà morire e proprio per questo si sente responsabile dei suoi atti, non cerca alibi. Si sente responsabile nei confronti di un mondo di cui non è padrone, ma solo ospite inatteso. Affronta quanto lo circonda con lo stesso interesse di un esploratore che si muove in zone mai raggiunte da un essere umano.
C’è un’aria claustrofobica nella storia, che vede Facundo volontariamente recluso nel suo condominio. Perché questa fuga dalla vita?
Facundo è prigioniero della sua scrittura. Il condominio è la metafora della prossimità-distanza, dei muri che danno sicurezza, intimità, ma possono trasformarsi in strumenti di solitudine, di incomprensione, di odio.
La sua psicosi lo porta a vivere in prima persona la trappola saussuriana del linguaggio, è lacerato dalla dicotomia linguistica del significante e del significato. E, parimenti, dal suo sé-significante costretto a confrontarsi, tutti i giorni, con un mondo estraneo. L’unico modo per rifornirsi di un necessario e vitale sé-significato. Vive tenendo le gambe poggiate sui due distinti lembi di un crepaccio. Un divario che Facundo sa che non potrà essere colmato e non riuscirà mai a colmare. Come diceva un grande scritto francese del ‘900: Sarò sempre estraneo a me stesso.
Le due donne della storia sono tra i pochissimi personaggi che la animano. Come entrano nella vita di Facundo, all’apparenza un misantropo.
Sono le uniche persone alle quali Facundo chiede di dare un senso al suo quotidiano. Delle due donne, la prima appare dopo anni di lontananza, improvvisamente, e diventa una presenza quotidiana. La seconda, della quale vuol diventare complice, si caratterizza proprio per la sua assenza. Tenta di incontrarla, la vuole vedere, nulla. Ne intuisce, però, la quotidianità attraverso i rumori che provengono dal suo appartamento, al piano di sopra. Dal calpestio delle scarpe femminili, dai tacchi che trasmettono, attraverso il soffitto, un messaggio di rassicurazione, un codice di fedeltà e di vicinanza che l’altra, la donna presente ma lontana, è incapace di dargli.
Sì, è vero, Facundo è solo all’apparenza un misantropo: lui prende le distanze da un mondo che non riconosce e del quale ha perso la chiave d’accesso.
Facundo a un certo punto si ribella. E da una storia all’apparenza volutamente monotona, affiora un intrigo: dove ci porta questo cambio di tensione?
Si ribella alla legge fine a se stessa. Alla legge che perde ogni contatto con l’uomo e si erge a inutile sovrastruttura. Questa non aderenza alla realtà porta all’utilizzo distorto delle norme che diventano inutili. Cosa che può accadere anche ad un semplice regolamento del condominio
Facundo si ribella a questa legge. Titanicamente cerca di lottare contro personaggi che sono delle monadi da appartamento. Donne e uomini isolati che non riescono a comunicare se non attraverso frasi fatte, convenevoli, maldicenze.
Il personaggio che campeggia in copertina ha un legame con la sua storia personale. Vuole parlarne?
Certo. Nella foto di copertina è ritratto mio nonno, morto a 23 anni, prima che potesse intraprendere il suo sogno di emigrare e costruirsi una vita diversa al di là dell’oceano, in Argentina. È una storia di un secolo fa della quale volevo, in qualche modo, preservarne la memoria. Ovviamente se quell’emigrazione si fosse concretizzata io non ci sarei. Mio nonno avrebbe magari avuto un nipote, ma non sarei io. Io sono il nipote che è rimasto al di qua del mare. L’altro, l’Argentino, avrebbe avuto una vita, ed un nome, sicuramente differenti dai miei. Parlerebbe un’altra lingua.
Siamo abituati a pensare alla nostra esistenza come qualcosa di studiato, programmato ed invece siamo frutto di qualcosa di mancato, di non fatto, di non accaduto, di non stato. L’esistenza emerge da questa mancanza. Da tutte quelle cose che non sono state ma che avrebbero potuto essere. Interessante, credo.
Lei è giornalista, di formazione sociologo. Questo è il suo primo romanzo, non il primo libro. Come si esprime la sua vocazione letteraria. E come incontra quella filosofica?
Il giornalista è testimone dei fatti, li narra, cerca di essere, a questi, fedele. Chi scrive un racconto è il testimone di atti e fatti, di solito, non reali ma che, tuttavia, sono il frutto della sua fantasia, della sua esperienza, del suo saper combinare, in modo verosimile, le ipotetiche esistenze di personaggi di cui si assume la paternità.
Sono molto affascinato dalla tradizione francese, che fa parte dei philosophes come Voltaire, Rousseau, Diderot. Al di là delle idee di questi grandi del passato, appare accattivante la forma letteraria che hanno utilizzato. Questi autori hanno saputo parlare a tutti, hanno divulgato le proprie idee utilizzando dei racconti filosofici contenuti in libri con un numero molto ridotto di pagine. Tradizione che è stata mantenuta anche nei secoli successivi, basti pensare a Lo straniero di Camus: un capolavoro che si condensa in poco più di cento pagine.
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L'intervistato

Gianfranco Brevetto, laureato in sociologia, giornalista e narratore, ha ricoperto incarichi per attività didattiche presso le università di Napoli e Pisa. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni. È stato ideatore e curatore dei volumi Albert Camus. Mediterraneo e conoscenza (2003) e Georges Brassens. Una cattiva reputazione (2007). Ha tradotto dal francese: Maurice Halbwachs, I quadri sociali della memoria (1997), Pascal Bruckner, La tentazione dell’innocenza (2001), Emmanuel Bove, La Coalizione (2011) ed Emmanuel Bove, Il Presentimento (2012). Ha curato la prefazione del volume di P. Fisogni, Into the Void. The experience of emptiness between the Real and the Digital (2020). Dirige, dal 2016, la rivista “Exagere” (www.exagere.it della SIPP Società Italiana di Pedagogia e Psicologia.



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