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Metaphysics Grounds on Monoteism

The Biblical Revelation of Gd and philosophy are deeply intertwoven, as Italian metaphysician professor Alessandro Ghisalberti argues in his paper titled "Rivelazione e filosofia: il monoteismo come perno della metafisica classica". This is a sort of zero issue for Metaphysics at Lunch, the theoretical path that Rekh Magazine will offer to its readers from April to June.


La filosofia è più viva che mai nel mondo interconnesso: nuove questioni affiorano (Wix pic).


Di Alessandro Ghisalberti


Tra le indicazioni forti offerte dalla rivelazione ebraico-cristiana alla filosofia occidentale spicca quella relativa al monoteismo, confrontandosi con la quale la filosofia, in particolare nella sua componente metafisica, si è orientata in una direzione di non-ritorno.

La rivelazione biblica è monoteistica in modo irrinunciabile e vigoroso ad un tempo: Dio è uno solo; nella dinamica trinitaria della rivelazione neotestamentaria, l’essenza del Dio trascendente è ribadita come una e indivisa, cui comunicano nella peculiarità ipostatica le tre persone. Dire monoteismo, in linguaggio filosofico significa dire che il Trascendente, il totalmente altro, è e non può essere che uno solo: Dio è il nome dell’origine assoluta di tutte le cose, e la sua unicità non concede nulla al panteismo, perché si colloca nella trascendenza. Si può discutere se la filosofia possa rinunciare, epochizzando, a costruire il percorso che porta ad affermare Dio come Trascendenza, nel senso che un pensatore forse potrebbe decidere soggettivamente di sospendere la domanda circa il piano metafisico. Ma per chi vuole affrontare il problema della contingenza del finito, del fondamento capace di dotare di senso quanto affiora dall’indagine circa le condizioni globali dell’essere sensibile, risulta chiaro che le categorie della trascendenza inscritta nel monoteismo sono le uniche non-contraddittorie; consentono infatti di affermare il darsi di un Dio che, pur restando in sé ignoto all’uomo, esclude ogni connotazione antropomorfica e/o panteistica.


L’istanza razionale, che sorregge l’affermazione del fondamento metafisico, esige che Dio non possa essere concepito antropomorficamente: nella relazione tra fondato e fondamento, Dio deve rappresentare l’irrelato, l’indipendente, l’assoluto. E questo perché la ragione non trova contraddittorio il fatto che, una volta asserito, l’essere che è uno e che è assoluto resti nella trascendenza, anche in ordine alla conoscibilità, e che insieme proprio lui risulti il detentore del carattere di fondamento del mondo. Filosoficamente, la trascendenza deve possedere il volto del totalmente illimitato, dell’assoluto; una trascendenza con caratteri antropomorfici risulterebbe infatti solo una “proiezione” della mente umana, sarebbe l’ipostatizzazione di un’astrazione delle perfezioni finite, proiettate verso l’infinito, oppure sarebbe l’immagine della perfezione cui aspira l’uomo, il quale vive con dolore la propria limitatezza e imperfezione.


Il pensiero interpretato graficamente (Freepik).


Il monoteismo della rivelazione offre un contributo determinante per fissare le due sponde della infinita differenza qualitativa, quella della Trascendenza e quella dell’immanenza. Per definizione, la Trascendenza resta nell’assolutezza della totalità originaria e non ammette la possibilità di condividere, con modalità paritetica, alcuno dei caratteri che connotano l’immanenza; il volto dell’immanenza, peraltro, si presenta alla mente conoscente con il carattere proprio di ciò che sta nella presenza; questo carattere della presenza contrassegna la realtà data. L’essere di fatto presente, la fatticità, non può essere assunta come l’originario, perché in sé stessa risulta precaria, instabile, bisognosa di spiegazione. La presenza di fatto postula una totalità stabile (non di fatto), che la preceda e la renda possibile. La presenza data, l’apparire delle differenze, si spiega solo ricorrendo a una presenza anteriore, che la anticipi e la trascenda; è l’orizzonte fenomenologico che appella al fondamento, e istituisce la metafisica.



Domande sempre aperte, quelle sull'essere e sull'Assoluto (Wix pic).


Pura assolutezza, il Dio trascendente rivelandosi fa conoscere la propria compatibilità con tutto l’ambito delle differenze (gli enti molteplici), mostrandosi come quella totalità esigita, quell’anticipazione (tutto l’essere) necessaria al darsi delle singole differenze. Il mio io (differenza singola) si relaziona con un tu (altra differenza singola), che consente al mio io di trovarmi (trovarmi come me, caratterizzabile in forza del tu), come un me e non come un onirico fantasma. Il tu mi dà la possibilità di essere un io relato (me), un io che non è un puro sentire, un’emozione che scorre; mi fa diventare un io esigito, un io avente piena cittadinanza come io. Si tratta invero di un processo che è più complesso speculativamente di questa struttura relazionale di io-tu (o: io-diverso da me), con la quale riusciamo solo ad avvistare l’istanza di avviare il discorso sulla Trascendenza.


© Rekh Magazine



Alessandro Ghisalberti, già professore ordinario di Filosofia teoretica e di Storia della filosofia medievale nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Cattolica di Milano, ha diretto la «Rivista di Filosofia neo-Scolastica» (dal 2000 al 2011) e ha pubblicato numerosi studi storico-teoretici relativi ai maggiori maestri della Sco­lastica e della Neoscolastica, con particolare attenzione all’incontro tra il pensiero filosofico e i grandi temi della teologia e della mistica cri­stiana. È membro effettivo dell’Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere.




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